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Non feci in tempo a ricordarle che alla prossima minaccia l’avrei resa invalida che già imboccava la porta d’ingresso.
<<Ciao Monica!>>, disse Linda alla cassiera. <<Paga il mio accompagnatore.>>
<<Chi, tuo zio?>>
<<No, uno ancora più deficiente. Lo riconosci perché è vestito come un piccione!>>
<<Salve, quant’è?>>
<<Guarda che devi pagare anche per Linda...>>
<<Ah sì? Ehh... quanto fa?>>
<<Sessantamila, se posi il giubbotto settanta!>>
<<Cosa?! Ma questa è follia!>>
<<Chiamala come ti pare, se non paghi, non entri. E se parli ancora, ti faccio tritare i denti dal nostro buttafuori! Hai capito? Stronzo!>>
<<E va bene: “...ma arriverà il giorno della vendetta, e io sarò lì a guardare e a godere mentre brucerai nelle fiamme della perdizione!”.>>
<<Cosa?!>>
<<Niente: ho semplicemente detto che sei una mignotta!>>
Ritirati i biglietti mi fu anche consegnato un souvenir della discoteca; un tubetto di dentifricio aroma: saliva! L’ambiente era di uno squallido pazzesco! La musica era assordante e ripetitiva, fatta di continue percussioni elettroniche (pareva avere un fabbro alle spalle che mi martellava il cervello), il tutto cadenzato in una musichetta banalissima di sottofondo con voci di coriste di colore che urlavano a tutto spiano.
Nella pista vi era un accalcare nervoso di ragazzi che ballavano con le braccia all’aria e lo sguardo rubato da quell’ipnotica musica. Tutt’intorno alle mura della discoteca ragazze e ragazzi in vestiti di dubbio gusto che esemplificavano la conversazione incastrando reciprocamente le proprie lingue! E Linda era tra loro. Rassegnato a passare la serata in quel girone dantesco mi accasciai intristito su un divanetto ad attendere la fine della forgia!
Erano le due di mattina e oramai la testa mi vibrava come una campana. E proprio quando mi rassegnai a salutare i miei poveri timpani, mi si avvicinò Linda a braccetto del suo ragazzo: un essere basso, tozzo, con un ciuffo di capelli lunghi davanti, il resto della testa rasata, la faccia quadrata, lo sguardo assente e la bocca perennemente aperta. Le dissi:
<<Ti sei decisa? Andiamo a casa?>>
<<No, stasera vado a dormire a casa di Ennio, hai capito? E se mia sorella fa storie mandala a cagare anzi, già che ci sei vacci pure tu, mi sono rotta il cazzo di voi, e se hai problemi, ne puoi parlare con Ennio.>>
<<No, Linda!>>, le dissi. <<Tu vieni a casa! Ho promesso a Sara di riportarti ad una certa ora. Sono anche sceso a patti con te facendoti restare di più, ma ora la festa è finita!>>
<<Dì un po’ tipo...>>, prese parola Ennio <<hai “probblemi”? Lei fa il cazzo che le pare hai capito? E se non ti togli dalle balle ti piglio a cartoni in faccia, hai capito?>>
Non ci vidi più! I miei occhi divennero di un rosso fuoco! Il mio sangue bollì a 3000 gradi! Ettolitri di adrenalina mi si riversarono a fiotti nelle arterie. Il digrignare dei miei denti si sentiva nitido nonostante la musica! Gli mollai un secco ceffone di manrovescio in piena faccia! Sputò quattro denti che andarono a finire in bocca ad una delle tante ragazze che ballavano sulla pista!
Al che lo presi dal bavero del suo puzzolentissimo giubbotto di pelle e gli dissi:
<<Senti coglionetto! Io le merdine come te me le mangio a colazione, hai... compreso? E se non vuoi che ti stacchi la testa e ti caghi in gola tu stasera fai quello che dico io! Hai... intuito?>>
Lo scaraventai in aria! Fece un volo di undici metri per tutta la discoteca andando a sbattere, in uno sfavillare di scariche elettriche, su una delle casse acustiche ubicate ai lati.
La musica cessò di colpo. Mi si dipinse attorno un alone di energia pura, e come un Mosè percorsi la pista verso di lui mentre tutti si aprivano terrorizzati, a ventaglio, al mio passaggio.
Lo incenerii con lo sguardo e... HUATATATA!!! In pochi secondi, lo colpii 104 volte in più parti del corpo.
<<Ho colpito uno dei tuoi punti di pressione, fra tre secondi... potrai ascoltare solo musica classica!>>
Mi girai con gli occhi dei presenti che mi fissavano terrorizzati. Verso di me, stava correndo il buttafuori. Lo scansai gentilmente. Volò per tutta la discoteca sfondando quattro muri e andando a finire nel finestrino del tram n° 15 che passava nella via adiacente. Mi diressi verso Linda, la presi ancora impaurita per mano e la trascinai fuori da quella bolgia. Prima di congedarmi mi girai per l’ultima volta verso i presenti...
<<Beh?>>
Indietreggiarono tutti impauriti.
<<Sarà meglio!>>
E uscii definitivamente. Fuori mi attendeva una fitta pioggia invernale.
<<Ma chi sei tu?>>, disse Linda affascinata. <<Una specie di supereroe?>>
<<Finalmente mi rivolgi la parola senza riempirmi di parolacce. Sali in macchina...>>
<<Sei stato fico! Troppo fico!>>
<<Grazie!>>
<<Ma dove stiamo andando?>>
<<A casa, no?>>
<<No, ti prego, voglio conoscerti, parlarti!>>
<<Devo portarti a casa; ho promesso.>>
<<Dai, non sono neanche le tre... ti porto io in un posto tranquillo; diventiamo amici.>>
<<E va bene... ma due chiacchiere poi a casa.>>
Il posto tranquillo era il Parco Europa, noto ritrovo di coppiette!
<<Mamma come sei fico, te l’ha mai detto nessuno?>>
<<Beh, non è uno dei complimenti che ricevo spesso... ma, parliamo. Cosa vuoi sapere di me?>>
<<Ti scopi mia sorella?>>
<<Ma che razza di termini, io... io non mi scopo nessuno...>>
<<Volevo sapere come ci vai con una donna.>>
<<Di solito mi piace passeggiare...>>