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<<Ciao Orazio!>>
Davanti avevo... Padre Gustavo.
<<Questa non l’ho capita. Siete gemelli?>>
<<No, sono solo un’emanazione della mia mente! In questo momento sono in cella a meditare, nell’orto a tagliare l’insalata, qui dinanzi a te, in vacanza a Parigi e nel bagno al piano di sopra!>>
<<Veramente? Se passa da disneyland mi porta un Pippo di peluche?>>
Padre Gustavo m’accompagnò nel magazzino ove si trovavano tutti gli arnesi di mio zio. Nonostante fosse molto presto, preparammo il materiale in cortile (così, al termine della preghiera tutti avrebbero trovato il lavoro a portata di mano). E visto che gli unici svegli nell’eremo eravamo io e frate Emanuele, Padre Gustavo, decise di moltiplicarsi per diciannove rendendo il lavoro più scorrevole. Anche se questo provocò una rissa fra cinque Gustavi che litigarono su chi avrebbe dovuto guidare il montacarichi!
<<Bel lavoro!>>, disse Emanuele. <<Così, dopo la preghiera, i fratelli potranno mettersi subito all’opera!>>
<<Orazio,>> disse Padre Gustavo. <<io torno alla meditazione. Buon lavoro!>>
Una nube l’avvolse e svanì!
<<Un tipo curioso>> osservai.
<<Te lo dicevo che era un santo!>> replicò Emanuele.
<<Non ne avevo mai dubitato...>>
<<Vieni: è quasi l’ora della preghiera!>>
<<No, no vai tu. Io preferisco fermarmi qua fuori a guardare la roba...>>
<<Ma guarda che non te la ruba nessuno...>>
<<Davvero... no! Vai pure; io... io resto qui.>>
<<Tu... tu sei uno di quelli che non crede?>>
<<Perché? Non ne avevi mai visto uno?>>
<<Beh, io sono nato praticamente qui. Ero un neonato quando m’abbandonarono dinanzi alla porta dell’Eremo. Fu proprio Padre Gustavo a raccogliermi.>>
<<(...quale dei trenta?)>>
<<Sai: lui mi racconta spesso di quella notte. Mi racconta di quel pianto, quell’eco che sentiva correre lontano nella notte gelida. Da allora vivo qui. Sono frate e sono felice! Non sono mai uscito dall’Eremo. Quindi: nella mia vita ho visto solo fedeli.>>
<<Vuoi farmi credere che non hai mai visitato una città?>>
<<I miei compagni ci vanno spesso... nelle scuole, o solo così per fare un giro... ma io preferisco restarmene qui. Questo è il mio mondo. Io l’accudisco, guardo sempre che tutto sia a posto... mi sembrerebbe di tradirlo se l’abbandonassi. Mi capisci?>>
<<Mah! Non ti capisco... ma ti rispetto!>>
<<Qua vivo proprio bene e mi trovo in perfetta armonia con tutti. Sai: qui mi chiamano “specchio”, perché riesco ad imitare la voce di tutti, poi ti farò sentire. Ma ora vado... pregherò anche per te!>>
<<(...ne hai da pregare allora...)>>
Mentre vedevo il tenero Emanuele allontanarsi, la mattina aveva già destato tutti. Con passi composti, si accingevano a recarsi alla messa. Dal centro del cortile scorsi anche Grazia e Donna Valeria.
<<Grazia!>> chiamai. <<Ehi! Ciao!>>
Si girò, ma subito voltò la testa senza salutarmi. Donna Valeria invece m’attaccò con uno sguardo così tagliente che mi perforò da parte a parte. Ero già pronto a recitare la parte del bravo cristiano per stare di nuovo accanto a Grazia ma, ora, ero già solo, in mezzo al cortile e una tristezza inspiegabile m’assalì. Mi sentivo falso, falso e ipocrita. Per il semplice desiderio di giacere con una bella fanciulla ero pronto a convertirmi ad ogni religione. Forse, l’incontro con Padre Gustavo (che senza enfatizzare è un uomo che ne vale cento), m’aveva fatto aprire gli occhi. Durante quella fusione mentale francescana, m’aveva chiesto una fede vera, reale, che io purtroppo non riuscivo a concepire. Mi sentivo finto, ingannatore e menzognero. Ma che avevo da stupirmi... così, ero sempre stato. Rimasi due ore, seduto su un cassone di legno, a fissare un sasso, perso... in chissà quali pensieri.VII. Dov’è? Dov’è il maiale?
Impresa di pulizia, ufficio di Pier Vincenzo Scattini. Sabato mattina, ore 8 e 50.
TOC-TOC
<<Chi è?>>
<<Mi perdoni signor Scattini...>>, chiese rispettosamente la segretaria.
<<Io non perdono nessuno! Neanche mia madre! Cosa vuole? Le ho detto che non voglio essere disturbato!>>
<<Mi scusi, ma c’è un tizio qua fuori che vorrebbe parlare con suo nipote. Gli ho detto che Orazio non è qui; e insiste allora per parlare con lei.>>
<<Chi è costui? Mm, sarà qualche debosciato suo amico... non sa che qui c’è gente che lavora giorno e notte? Lo faccia passare che l’aggiusto io...>>
<<Va bene! Scusi lei? Il signor Scattini ha detto che può riceverla. Passi... passi pure.>>
Mio zio, pronto a caricarlo d’insulti, già iniziava a fare pratica di parolacce.
Il tizio entrò; e per passare dalla porta senza sbattere la testa sull’architrave dovette abbassarsi. Era gigantesco! Vestito con un impermeabile marrone col bavero alzato e un cappello che gli nascondeva parte del volto.
Mio zio iniziò allora con l’essere alquanto cordiale...
<<Chi... chi è lei?>>
<<Voglio sapere dove si trova Orazio Scattini!>>
<<Perché vuole saperlo?>>
<<Voglio salutarlo e stringerlo forte! è tanto tempo che non lo vedo... allora: dov’è?>>
<<Queste sono informazioni riservate! Lei potrebbe essere della concorrenza; io non posso...>>
<<Che lei non possa... è ancora da vedere!>>
<<Ma insomma, si può sapere cosa diavolo vuole?>>
<<Gliel’ho detto! Voglio sapere dove si trova Orazio Scattini. Me lo dica! E nessuno qua dentro si pentirà di essere nato!>>
<<Ma che razza di... se ne vada subito! Ha capito? Io non dico niente a nessuno! Fuori! Altrimenti chiamo la polizia!>>