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Chiuse gli occhi e s’accasciò a terra. Dieci minuti dopo eravamo all’ospedale.
<<Sua mamma s’è affaticata molto avvocato>>, osservò il dottore. <<Ora sta bene, ma le consiglio di farla riposare onde evitarle forti emozioni.>>
<<Ho capito. La ringrazio molto.>>
Claudia era in sala d’aspetto con la mamma io, in corridoio seduto su una barella. L’avvocato si avvicinò:
<<Orazio, possiamo parlare a quattr’occhi?>>
<<Certo...>>
Andammo dove Claudia non poteva sentirci.
<<Mi dispiace ma... penso che per un po’ sarà meglio che non ti faccia vedere.>>
<<Sarà fatto! Sono spiacente: è tutta colpa mia.>>
<<Ma no, che dici? Mia madre è fatta così; non s’è mai fidata di nessuno.>>
<<No-no avvocato: è proprio colpa mia!>>
Andai a casa col rimorso che mi lacerava. La vecchia aveva ragione! Ci aveva visto giusto! Ma quella donna... quel corpo... quelle due sfere che le troneggiavano innanzi... per sedarmi i bollori, andai a dormire nel congelatore.
Nonostante tutto, io e Claudia, ci vedevamo spesso. Le avevo dato un mazzo di chiavi di casa mia così, non appena tornavo dal lavoro, potevamo passare dei momenti insieme e lei evitava di aspettarmi. Ma ero continuamente tempestato da immagini ricorrenti! Ogni oggetto sferoidale mi ricordava gli enormi contenitori di latte materno dell’insegnante di pianoforte. Arrivai al punto di veder sorgere il sole sotto le sembianze di un’enorme tetta luminescente e, nonostante i terribili sensi di colpa che questo mi provocava, continuavo ad avere il peccaminoso desiderio di giacere con quella donna! Erano giorni d’inferno; combattuti tra l’amore per Claudia e il ventre di Olga. Ma dovevo vincerli! Dovevo togliermi dalla mente quell’oggetto di desiderio!
Claudia era talmente dolce; ogni suo sorriso era una finestra sulla felicità! Non mi nascondeva nulla... nei suoi occhi leggevo sempre una sincerità che non m’aveva mai regalato nessuna. Allora perché ero così? Perché continuavo ad abbandonarmi a pensieri lascivi? Sentivo che qualcuno me l’avrebbe fatta pagare! La notte, spesso, sentivo delle voci, echi lontani... quasi sussurri...
<<Lurida bestia!! Ma come fai a dormire tranquillo? Claudia è a casa; sta pensando a te! E tu? Tu cosa pensi? A subdoli inganni per fornicare indisturbato con quella meretrice! Ecco cosa! Vergogna! Vergogna! Ci rivedremo al giudizio universale! Lì, fiamme dell’inferno e dannazioni eterne ti stanno aspettando...>.
Poi come se non bastasse sognavo spesso di essere legato ad una gigantesca macchina delle torture con la nonna di Claudia, curva dietro ad un pentolone ribollente, che s’abbandonava in spettrali risate mentre si preparava a lessarmi i testicoli...
Venerdì arrivai a casa alle due di pomeriggio. Claudia non c’era, ed era anche il giorno della lezione di pianoforte! Cosa dovevo fare? Telefonare e disdire tutto? No, non potevo; la voce di quella donna m’avrebbe provocato un imbarazzante orgasmo via cavo. Caddi sul letto ormai ridotto ad un’ameba! Serrai gli occhi e tentai di ritrovarmi in un sonno ristoratore. Dopo 10 minuti ero tra le braccia di Morfeo. Mi ripresi alle 19 e 40; talmente assonnato da non vedere più la mia immagine riflessa...
<<Ci manca solo che sia diventato un vampiro: “Il terrore di tutte le natiche!”. Ho bisogno di una buona bacinella di caffè!>>
Messo a fuoco il circondario mi diressi verso la cucina, ma appena passata la porta d’ingresso... furente squillò il campanello! Andai ad aprire senza neanche pensare che dietro poteva esserci anche un terrorista islamico. Ma era peggio! Di fronte a me, appoggiata allo stipite della porta, dentro un conturbante vestito a fiori che le sembrava dipinto addosso, c’era Olga!
<<Salve Stradivari! Ha dimenticato che oggi c’era la sua prima lezione da pianista?>>
<<Io... io... veramente non...>>
<<Cos’è? Siamo senza parole?>>
<<Co... come hai fatto a... a sapere dove abito?>>
<<Me l’ha detto Claudia!>>
<<Detto?!>>
<<Diciamo che ho spiato nella sua agenda. Ma vuoi farmi l’interrogatorio qua fuori o gentilmente mi fai entrare?>>
<<Ma... ma dentro non ho un... un pianoforte...>>
<<Pensi che sia venuta qua per suonare?>>
Dopo questa dichiarazione mi ritrovai la mascella ai piedi! Con una mano mi scostò ed entrò in casa.
<<Bel posticino...>>
<<Gra... grazie...>>
<<Allora: che si fa?>>
<<Eh-eh! Che si fa?>>
<<Sai,>> sospirò sensuale <<appena t’ho conosciuto ho capito che ti piacevo; da come mi guardavi: i tuoi occhi mi facevano sentire senza mutandine!>>
Eseguii una deglutizione d’imbarazzo che sentì tutto il quartiere!
<<Ma vediamo un po’>> con fare malizioso <<cosa offre casa tua: il bagno... con la doccia! La cucina, per mangiare qualcosina... dopo! E il letto... a 3 piazze?!>>
<<Ehhh s-sì! L’avevo progettato per delle ammucchiate ma... non ho mai avuto l’occasione di...>>
<<Ma allora sei una furia!>>
<<Gra... grazie ma... senti: io devo consigliarti di andare perché...>>
<<Mi vuoi cacciare? Balle!>>, m’interruppe sarcastica <<Sei un proprio un gran furbone: il pianoforte era una scusa, vero? Cosa avresti fatto durante la lezione? Mentre io t’insegnavo come schiacciare i tasti... tu m’avresti passato la mano tra le gambe... Così?>>
Oh mio Dio!!! Cosa dovevo fare??? Il mio “io” piangeva di vergogna, ma la mia libido urlava come un cow-boy!!!
<<Io... io non so cosa dire...>>
<<Ma io so cosa fare!>>, ribatté secca. <<Tu mi piaci Orazio! Mi sei sempre piaciuto, e a me quando un uomo piace... me lo prendo!>>
Mi sollevò da terra e mi lanciò sul letto. Poi, mi si sedette sopra. Non potevo muovermi!
<<Tu vuoi queste, vero?>>
Passò le dita tra i bottoni del vestito e lo strappò con forza! M’inondò con tutta quella carne che a stento mi faceva respirare. Coprii gli occhi ma lei tolse la mano.
<<Guardale:>>, esclamò con rabbia <<sono tue!>>
Era come se mi regalasse Fort-Knox! Cosa dovevo fare? Aiuto! Mi appellai a quella poca ragione rimasta e, con coraggio stavo per dirle: “Vattene! Lasciami in pace, io amo Claudia!”. Ma alle mie mani... cosa stava succedendo? Come il ferro attratto dalla calamita si dirigevano verso quei due dirigibili. No! Non volevo, no! Ma con le lacrime agli occhi, ritrovai le mani appoggiate su quegli immensi recipienti!
E come un bambino, che quando tocca il fuoco si scotta, puntuale arrivò la punizione.